da esantarelli | Dic 1, 2025 | News
Viviamo in un’epoca in cui l’attenzione è rivolta soprattutto al volto: alla pelle, alle rughe, ai segni del tempo.
Eppure, il primo dettaglio che gli altri percepiscono di noi è il sorriso.
È lui che apre la relazione, che parla prima delle parole. E proprio per questo, avere un sorriso armonioso non dovrebbe essere considerato un lusso, ma un valore e una possibilità per tutti.
Anche per Sabrina.
Lei da tempo non era soddisfatta dell’aspetto dei suoi denti anteriori: due elementi, il centrale e il laterale di destra, esteticamente compromessi e incapaci di dare armonia all’espressione complessiva.

L’occasione per cambiare è arrivata quando si è resa necessaria la sostituzione di un vecchio manufatto protesico, il primo premolare di destra.
È proprio in momenti come questi che molti pazienti decidono di “fare un passo in più” e valutare la possibilità di cambiare l’estetica del sorriso.
Il desiderio di Sabrina era chiaro: voleva un sorriso che le permettesse di ridere liberamente senza vergogna , ma aveva bisogno di un preventivo chiaro che le permettesse di capire se la spesa sarebbe stata affrontabile.
Il preventivo che le è stato proposto riguardava la soluzione più logica — e certamente quella capace di garantire il risultato estetico più prevedibile — ovvero due faccette, una sul centrale e una sul laterale di destra. Il primo step di questa proposta clinica prevedeva uno sbiancamento dentale, necessario per dare luminosità a tutto il sorriso.
Un piano terapeutico corretto, preciso e accompagnato da un preventivo chiaro. Tuttavia, per quel preciso momento della sua vita, quella spesa non era per lei sostenibile.
È inutile dire che ne è rimasta delusa: aveva davvero sperato che quel cambiamento fosse alla sua portata.
È stato proprio in quel momento che abbiamo iniziato a valutare un’altra possibilità.
Con lei sono stata chiara e precisa: la prima proposta era la più logica e quella con il risultato estetico garantito. La seconda, pur percorribile, non poteva raggiungere la stessa perfezione.
È proprio in questi momenti che la chiarezza diventa fondamentale: il paziente ha bisogno di sapere esattamente cosa può aspettarsi dalle alternative, senza promesse irrealistiche. Per questo è indispensabile un linguaggio onesto, preciso e competente, capace di spiegare con trasparenza i risultati possibili e i limiti di ciascun percorso. Solo così si evitano false aspettative e si rimane fedeli a ciò che dovrebbe guidare ogni professionista: l’etica e il rispetto per la persona che abbiamo davanti.
La strada alternativa proposta riguardava lo sbiancamento dentale.
Ho spiegato a Sabrina in cosa consistesse questo tipo di trattamento e quali risultati fosse realistico attendersi.
C’era però un ulteriore elemento importante da considerare: i due denti più scuri erano denti non vitali. E i denti non vitali, per loro natura, non rispondono in modo completo allo sbiancamento esterno, perché la pigmentazione è interna.
Che cosa significa questo?
Che per ottenere un colore il più possibile uniforme, era necessario un protocollo specifico di sbiancamento interno.
Questa procedura clinica richiede:
• la preparazione accurata della camera pulpare;
• l’inserimento di un gel sbiancante all’interno del dente;
• applicazioni ripetute secondo la risposta cromatica ed il protocollo scelto.
Ovviamente l’aggiunta di questa procedura prevedeva un preventivo leggermente diverso.
Sabrina, non del tutto convinta di questa sequenza clinica e consapevole che evitando lo sbiancamento interno avrebbe anche risparmiato qualcosa, ha espresso il desiderio di iniziare con il solo trattamento domiciliare, vederne i risultati e poi in caso valutare quello interno.
Ho accolto questa scelta, pur spiegandole con trasparenza che non era possibile prevedere con assolutezza il risultato finale e che il percorso domiciliare, da solo, non poteva garantire la stessa uniformità cromatica.
Lei ha compreso perfettamente ogni passaggio, ogni possibilità e ogni limite, ed è proprio da questa consapevolezza condivisa che abbiamo iniziato il trattamento professionale domiciliare.
Ho realizzato mascherine individuali su misura. All’interno di queste mascherine è stato applicato un gel a base di perossido di carbamide, che agisce in modo graduale giorno dopo giorno, schiarendo progressivamente i denti.
In questo caso si trattava di uno sbiancamento selettivo, perché l’obiettivo principale era uniformare il più possibile. Per questo ho definito tempi di applicazione differenti: più lunghi sugli elementi più scuri, più brevi su quelli già chiari.
Per iniziare, ho rilevato il colore dei denti utilizzando lo spettrofotometro, strumento per me prezioso e indispensabile che consente una valutazione cromatica oggettiva e non influenzata dalle condizioni di luce.
Il colore iniziale dei denti più scuri, quelli devitalizzati, era un C4. Secondo la scala colori utilizzata in odontoiatria, il numero 4 rappresenta un croma molto intenso e, infatti, otticamente il dente appariva molto scuro. Mentre il centrale non devitalizzato presentava un colore D2, un croma decisamente più chiaro.
Dopo 17 applicazioni, Sabrina indossava le mascherine con all’interno il prodotto durante la notte, i denti devitalizzati hanno raggiunto il colore D2 mentre il centrale non devitalizzato e gli altri denti hanno raggiunto un B1 con 10 applicazioni.
Nelle foto sotto si nota la sostanziale differenza cromatica prima e dopo il trattamento.


Mentre nelle foto sotto vediamo il risultato finale della linea del sorriso di Sabrina.

Il risultato ottenuto è stato superiore a qualsiasi aspettativa: sia dal mio punto di vista clinico, sia — soprattutto — dal punto di vista di Sabrina. Il suo sorriso è apparso da subito rinnovato, più luminoso, più coerente con il suo volto, e la sua soddisfazione è stata immediata.
È vero: permangono alcune zone leggermente più scure in prossimità del colletto, e per eliminarle del tutto sarà necessario, in futuro, ricorrere a protocolli più specifici.
Sabrina lo sa e ha già espresso il desiderio di riprendere il percorso quando le sarà possibile; nel frattempo si gode un sorriso decisamente diverso e migliore rispetto all’inizio.
Questo caso ricorda quanto sia fondamentale rispettare i tempi e le esigenze del paziente, offrendo sempre alternative valide e percorsi personalizzati capaci di migliorare concretamente la situazione dentale del paziente che, anche quando non raggiungono la perfezione clinica, possono comunque rappresentare un cambiamento reale, visibile e significativo.
Perché un bel sorriso non è solo frutto del colore, ma di una serie di aspetti che rendono armonico l’insieme.: la forma del dente, la sua posizione e soprattutto la qualità dello smalto.
P.S. l’occhio più attento noterà che su alcuni denti sono evidenti segni di demineralizzazione dello smalto. Questa condizione è stata da me gestita con protocolli remineralizzanti mirati, applicati sia prima che durante il trattamento sbiancante.
Sabrina ha risolto ciò che per lei era prioritario — l’aspetto estetico — e io ho avuto la possibilità di risolvere un altro aspetto per me fondamentale: la salute e la cura dello smalto.
da esantarelli | Nov 5, 2025 | News

Lei è Stefania,
Non ha mai avuto un buon rapporto con il suo sorriso: i denti grandi e sporgenti non le piacevano e gli spazi tra i laterali la infastidivano ancora di più.

Lei desiderava un sorriso più luminoso ed eliminare gli spazi laterali.
Non è stato possibile iniziare da subito con un trattamento mirato a donare luminosità e candore al sorriso perchè era presente una forte ipersensibilità che in alcuni momenti influenzava la sua qualità di vita.
Prima di pensare all’estetica, era quindi necessario eliminare l’ipersensibilità e rinforzare lo smalto che presentava dei segni evidenti di alterazione della sua struttura

L’approccio scelto è stato un percorso combinato di REMINERALIZZAZIONE, SBIANCAMENTO DOMICILIARE e RESTAURI ESTETICI per rinnovare il sorriso e fare ritrovare sicurezza e benessere a Stefania.
Fase 1 – Rinforzare lo smalto con un protocollo remineralizzante e desensibilizzante
Abbiamo iniziato questa prima fase con l’utilizzo di prodotti a base di idrossiapatite e fosfato di calcio amorfo (ACP) utilizzati quotidianamente a casa.
Questi principi attivi, altamente affini alla struttura minerale dello smalto, agiscono riempiendo le micro-porosità e favorendo la deposizione di calcio e fosfato. Il risultato è una superficie più resistente agli stimoli e più stabile dal punto di vista biologico.
Dopo tre settimane l’ipersensibilità era un lontano ricordo e la superficie del dente liscia!
Fase 2 – Sbiancamento professionale domiciliare
Una volta raggiunto l’obiettivo della prima fase , abbiamo affrontato la questione estetica: un protocollo di sbiancamento.
Sono state realizzate mascherine individuali su misura e, indossate per dieci giorni durante la notte.
Il prodotto sbiancante utilizzato all’interno delle mascherine è stato un gel al 10% di perossido di carbamide.
Il cambiamento del colore è avvenuto in modo graduale e nel rispetto dei tessuti dentali. Il risultato è stato di un sorriso più luminoso e naturale.

Per determinare il colore dei denti si utilizzano delle scale colori apposite, io utilizzo sempre anche uno spettrofotometro, strumento che permette la misurazione più precisa e oggettiva. Il colore prima del trattamento era un A2, dopo il trattamento un B1.
La differenza, visibile nell’immagine, mostra un evidente schiarimento dei tessuti dentinali con un risultato più bianco e luminoso.


Fase 3 – Armonizzazione estetica degli spazi
Dopo aver atteso le due settimane necessarie alla stabilizzazione del colore, siamo passata alla fase finale: restauri estetici per chiudere gli spazi tra i denti laterali.

Questo ultimo passaggio ha completato il risultato: non solo denti più bianchi, ma anche un sorriso più equilibrato, proporzionato e coerente con il volto di Stefania.

Questo caso dimostra quanto sia fondamentale un approccio combinato, prima si valuta la struttura del dente scegliendo se necessario il protocollo remineralizzante, poi si lavora sull’estetica: è questo che rende il risultato stabile, naturale e davvero personalizzato.
Il risultato finale è la sintesi di un attento ascolto delle esigenze di Stefania, del rispetto della biologia e la scelta di protocolli efficaci.
Esattamente ciò che rende un trattamento estetico un percorso di valore.
da esantarelli | Set 2, 2025 | News
Quando una paziente entra in studio chiedendo se sia possibile scurire un dente, l’istinto clinico si ferma per un istante.
Non è la richiesta che ci si aspetta.
La maggior parte dei pazienti desidera denti più bianchi, un sorriso più luminoso, un effetto immediato.
Ma questa storia è diversa, e proprio per questo merita di essere raccontata.
La paziente presentava una marcata differenza cromatica tra incisivo centrale laterale e canino.
Dalla fotografia iniziale si evince chiaramente questa marcata differenza cromatica.

Il laterale appare visivamente più chiaro, ma ciò che permette di ottenere una conferma oggettiva e misurabile è l’utilizzo dello spettrofotometro.
Per me questo strumento rappresenta un supporto prezioso in tutti i casi in cui mi occupo dell’estetica dentale: mi fornisce un dato reale, non influenzato dalla luce ambientale o dalla percezione individuale, e soprattutto mi guida nel comprendere quando fermarmi per ottenere un risultato armonioso e naturale.
La rilevazione strumentale ha confermato quanto osservato clinicamente:

l’incisivo centrale e il canino presentavano un croma 3, un valore che, secondo le scale colore odontoiatriche, indica un’intensità cromatica elevata;
il laterale mostrava invece un croma 1, il più chiaro nelle scale colore di riferimento.
Questa differenza così marcata rendeva la richiesta della paziente — “scurire un dente” — non solo comprensibile, ma perfettamente sensata dal punto di vista estetico: era necessario uniformare i colori.
La soluzione più logica, dal punto di vista clinico, sarebbe stata uno sbiancamento dentale.
Tuttavia, alla mia proposta la risposta è stata immediata e decisa: «No, non voglio fare altri sbiancamenti».
Negli anni aveva già eseguito molte sedute ambulatoriali: trattamenti con lampade, laser… procedure rapide e intense che le davano un risultato iniziale.
Ma dopo pochi mesi tutto tornava come prima. Questo aveva generato sfiducia, delusione e un senso di rassegnazione.
A quel punto le ho proposto qualcosa di diverso: un trattamento domiciliare.
Un protocollo riconosciuto dalla letteratura per la sua stabilità nel tempo e per la capacità di ottenere un risultato naturale e duraturo, anche se con tempi più lunghi rispetto alle tecniche ambulatoriali.
Il punto chiave è proprio questo: oggi molti pazienti desiderano un risultato immediato, e spesso anche I professionisti preferiscono eseguire i trattamenti ambulatoriali.
Ma la scienza ci insegna che, nella maggior parte dei casi, la costanza di un trattamento domiciliare è ciò che davvero può cambiare la storia di un sorriso.
Nonostante inizialmente la paziente fosse scettica all’idea di affrontare un ennesimo trattamento sbiancante, anche per una questione economica, dopo aver investito negli anni in più protocolli ambulatoriali senza risultati duraturi , alla fine ha deciso di fidarsi accettando il protocollo domiciliare.
Per lei ho realizzato delle mascherine individuali su misura, all’interno delle quali avrebbe applicato un gel a base di perossido di carbamide, il principio attivo che la letteratura scientifica identifica come il più efficace e prevedibile nei trattamenti domiciliari.
La parte più importante, in questo caso, è stata la personalizzazione del protocollo. Non bastava schiarire: bisognava uniformare.
Per ottenere un risultato uniforme ho chiesto alla paziente di applicare il gel più a lungo sui denti più scuri, mentre sul laterale — già molto chiaro — il trattamento è stato eseguito per un numero di giorni inferiore.
Nelle foto sotto si documenta perfettamente questa differenza ed il colore finale ottenuto.



Il trattamento è durato quindici giorni, ma fin dalle prime applicazioni la paziente osservava un cambiamento graduale.
La differenza cromatica si è progressivamente attenuata fino a raggiungere un equilibrio che restituiva alla paziente un sorriso uniforme, luminoso e finalmente coerente con il suo obiettivo finale.

La cosa più bella è che questa paziente era convinta che l’unico modo per ottenere un colore uniforme fosse scurire il laterale, senza immaginare che esistesse invece un percorso capace di riportare tutti gli elementi a una tonalità armonica — e soprattutto di mantenerla nel tempo.
Oggi il risultato è stabile, grazie anche a protocolli che permettono di preservare il colore raggiunto fin dall’inizio.
Ed è proprio qui che il trattamento domiciliare mostra tutta la sua forza: la possibilità di adattare tempi e risposta cromatica con una gradualità che nessun trattamento rapido in studio può garantire.
da esantarelli | Ago 20, 2025 | News
Negli scaffali di supermercati, farmacie e shop online troviamo di tutto: dentifrici “whitening”, collutori sbiancanti, strisce da applicare a casa, penne con gel miracolosi e persino kit completi con luci LED integrate.
Tutti promettono la stessa cosa: denti più bianchi e brillanti in pochi giorni. Le confezioni mostrano sorrisi perfetti e testimonianze entusiastiche.
Ma la domanda è inevitabile: possono davvero cambiare il colore del tuo sorriso?
La risposta è chiara: NO!
E il motivo è semplice: le leggi europee stabiliscono limiti molto precisi sulla concentrazione di principi attivi sbiancanti che un prodotto venduto liberamente può contenere.
Cosa dice la legge in Europa
Secondo il Regolamento Cosmetici (CE) 1223/2009 e la Direttiva 2011/84/UE, nei prodotti “liberamente vendibili” – senza la supervisione di un professionista – la concentrazione massima consentita di perossido di idrogeno o di sostanze che lo rilasciano è 0,1%. Tradotto significa che il principio attivo in grado di penetrare all’interno del dente e schiarire il suo colore è inesistente.
Per avere un termine di paragone, un trattamento professionale in studio può arrivare fino al 6% di perossido di idrogeno (o equivalente) nelle sedute domiciliari prescritte dal professionista, e fino a concentrazioni anche superiori in alcune tecniche di sbiancamento alla poltrona.
Questo significa che un prodotto da banco contiene fino a 60 volte meno principio attivo rispetto a un trattamento eseguito da un professionista.
Come agiscono i prodotti da banco
Per capire il perché della differenza di risultati, dobbiamo distinguere due tipi di azione sbiancante:
- Azione superficiale
È quella che si ottiene rimuovendo le macchie estrinseche, cioè pigmenti depositati sulla superficie dello smalto da caffè, tè, fumo, cibi coloranti…
I dentifrici “whitening” possono ‘schiarire’ queste macchie grazie ad agenti abrasivi contenuti nel prodotto.
Ripeto il concetto: ‘SCHIARIRE’, per quanto abrasivi non hanno il potere di eliminare completamente la macchia, cosa che invece è ottenibile con una seduta di igiene professionale eseguita presso uno studio dentistico. 
Questi abrasivi oltre a non eliminare la macchia, possono rovinare lo smalto graffiandolo e rendendolo sempre più poroso. Uno smalto poroso trattiene i pigmenti colorati e quindi i denti si macchiano prima.
Non tutti i dentifrici sbiancanti contengono agenti abrasivi, esiste una categoria che utilizza agenti ottici come il blue covarine, che lascia un leggero film bluastra sulla superficie per dare un effetto di contrasto ottico: il dente appare più bianco… finché il film non viene naturalmente rimosso, generalmente dai 15 hai 30 minuti. Quindi si tratta di un illusione ottica! Questa illusione è visibile solo in chi ha i denti già bianchi. Se hai i denti gialli l’effetto momentano è semplicemente di un dente più luminoso ma il tuo colore non cambia.
2. Azione profonda
Per modificare il colore naturale del dente bisogna agire sui cromofori organici all’interno dello smalto e della dentina fino a renderli meno colorati. Questo richiede una concentrazione di perossido molto più alta di quella consentita nei prodotti da banco, e un tempo di contatto adeguato, che solo un trattamento professionale con un protocollo personalizzato può garantire in sicurezza ed efficacia. 
Strisce, penne e kit LED: hanno un effetto maggiore?
- Strisce e penne sbiancanti: in Europa, se contengono perossido di idrogeno, devono rispettare il limite dello 0,1%. A questa concentrazione l’effetto è inesistente. Alcune formule contengono altri principi attivi come ad esempio il PAP, ma la loro efficacia è ancora oggetto di dibattito scientifico e non è paragonabile al perossido di idrogeno e carbamide.
- Kit con lampade LED: la luce da sola non sbianca. Può al massimo accelerare l’azione di un gel già attivo, ma se il gel rispetta i limiti di legge per la vendita libera, la luce non farà miracoli. In molti casi, il “bianco immediato” che si osserva dopo una sessione è semplicemente dovuto alla disidratazione temporanea dello smalto, che scompare nel giro di poche ore.
Perché la legge limita le concentrazioni
Il perossido di idrogeno è un agente sbiancante molto efficace, ma a concentrazioni elevate può causare sensibilità dentale, irritazioni gengivali e, se usato in modo scorretto, danni permanenti allo smalto.
Per questo la normativa tutela il consumatore riservando le concentrazioni realmente efficaci allo specialista, che può valutare lo stato di salute orale, personalizzare il protocollo e monitorare eventuali effetti collaterali.
Il rischio della “falsa promessa”
Negli anni ho incontrato pazienti convinti di poter ottenere lo stesso risultato di uno sbiancamento professionale con un prodotto acquistato al supermercato o online. Alcuni, pur di vedere un effetto più evidente, hanno usato i prodotti in modo scorretto o con troppa frequenza, causando abrasioni, ipersensibilità, perdita di lucentezza dello smalto e danni irreversibili.
Uno sbiancamento efficace e sicuro è molto più di un gel e una lampada: è un protocollo clinico calibrato sul singolo paziente, che tiene conto di fattori come il colore e la discromia di partenza, la presenza di restauri, lo stato di salute gengivale e la storia medica.
da esantarelli | Giu 16, 2025 | News
Questo è un argomento che mi sta particolarmente a cuore. Ogni giorno incontro pazienti che lamentano disturbi all’articolazione temporo mandibolare (ATM).
Questi disturbi possono limitarsi ad un fastidio passeggiero, ma per molte persone si trasforma in un disturbo invalidante, che limita seriamente le attività di ogni giorno. Gesti semplici come mangiare una mela, parlare più del solito o sbadigliare possono risultare dolorosi o difficili. Nei casi più gravi, l’apertura della bocca si riduce, e a ciò si aggiungono click articolari, blocchi e mal di testa ricorrenti.
Chi soffre di disturbi all’ATM spesso sperimenta un dolore cronico alla mandibola, al volto e al collo, che può peggiorare con la masticazione.
Se leggendo queste righe ti riconosci, riconosci in questi sintomi una certa familiarità sappi che NON è tutto nella tua testa.
I disturbi dell’ATM possono togliere energia vitale, compromettere la qualità del sonno ed essere fonte di stress e irritabilità.
La disfunzione dell’ ATM è molto più di un “doloretto” alla mandibola: può diventare un ostacolo significativo nelle relazioni, nel lavoro e nella qualità della vita.
Molte persone che soffrono di dolori alla mandibola, rigidità articolare o fastidi durante la masticazione non immaginano che dietro a questi disturbi potrebbero esserci degli ormoni: gli estrogeni.
Gli estrogeni, noti soprattutto per il loro ruolo nel ciclo riproduttivo femminile, hanno effetti profondi anche sui tessuti articolari. Uno dei bersagli meno conosciuti è proprio l’ATM, la piccola e sofisticata articolazione che ci permette di parlare, mangiare, ridere.
Con questo articolo vi spiego in modo semplice come gli estrogeni possono contribuire ai disturbi dell’ATM ma soprattutto perché l’ATM è così sensibile agli ormoni.
L’ATM è composta da strutture molto dinamiche: cartilagine articolare, disco fibrocartilagineo, legamenti di sostegno, capsula articolare.
Questi tessuti contengono recettori per gli estrogeni (ERα e ERβ), veri e propri “sensori molecolari” che permettono agli ormoni di modulare metabolismo, risposta infiammatoria e percezione del dolore.
Quando i livelli di estrogeni oscillano — durante il ciclo mestruale, in gravidanza, perimenopausa, menopausa o per motivi terapeutici — anche l’ATM può risentirne.
Non va dimenticato inoltre che cartilagine e disco articolare, hanno una bassa capacità rigenerativa. Questo rende l’ATM particolarmente vulnerabile ai cambiamenti metabolici indotti dagli estrogeni.
Ma come gli estrogeni influenzano l’articolazione?
Regolando l’infiammazione
Gli estrogeni svolgono un ruolo complesso: in condizioni fisiologiche proteggono dalla degenerazione; in caso di oscillazioni importanti o livelli cronicamente elevati, possono stimolare la produzione di enzimi degradativi (MMP-9 e MMP-13), che degradano la matrice extracellulare della cartilagine.
Il risultato? Un ambiente articolare più vulnerabile, che può facilmente sviluppare sinovite e dolore.
Modificando la percezione del dolore
Gli estrogeni agiscono anche a livello del sistema nervoso periferico e centrale. Livelli fluttuanti di estrogeni possono aumentare l’espressione dei recettori del dolore (nocicettori) e abbassare la soglia di attivazione del dolore.
Questo meccanismo spiega perché molte donne sperimentano fasi di aumento dei sintomi dell’ATM in coincidenza con alcune fasi del ciclo o della vita ormonale.
Alterando la biomeccanica articolare
Gli estrogeni influenzano anche la sintesi di collagene e la stabilità dei legamenti. Alti livelli possono portare a maggiore lassità legamentosa e instabilità dell’articolazione. Bassi livelli (come in peri e menopausa) riducono l’idratazione dei tessuti e favoriscono la degenerazione fibrocartilaginea.
Il risultato è una ATM più instabile o più fragile, predisposta a click, blocchi e dolore.
Queste informazioni permettono di capire perché le donne sono più colpite dai disturbi dell’ATM.
Le statistiche parlano chiaro: circa il 70-80% delle persone con disfunzioni all’ ATM sono donne.
Questo è dovuto a diversi fattori:
Il ciclo mestruale comporta fluttuazioni estrogeniche marcate: il picco ovulatorio e la fase premestruale sono spesso associati a un peggioramento dei sintomi.
La gravidanza comporta livelli elevatissimi di estrogeni, che possono favorire lassità legamentosa e infiammazione.
La menopausa comporta un crollo estrogenico che aumenta il rischio di degenerazione articolare e dolore cronico.
Inoltre, alcune condizioni endocrine, come la sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), che alterano l’equilibrio estrogeno-progesterone, sono associate a una maggiore incidenza di disordini temporo-mandibolari.
Anche il patrimonio genetico può giocare un ruolo: polimorfismi dei geni che codificano i recettori per gli estrogeni (ERα) possono aumentare la vulnerabilità individuale ai disturbi dell’ATM.
Sapere che gli ormoni influenzano l’ATM ci consente di adottare strategie di gestione più personalizzate e consapevoli.
Alla moltitudine di mie pazienti donne che soffrono di disturbi all’ ATM suggerisco sempre di tenere un diario dove elencare con precisione il giorno ed i sintomi: permetterà di riconoscere eventuali correlazioni tra i disturbi ATM e le fasi ormonali.
La cosa più importante per chi soffre di questi disturbi è la risoluzione dei sintomi e questo è ottenibile attraverso un percorso multidisciplinare e collaborativo tra varie figure professionali: odontoiatri specializzati in gnatologia, endocrinologi, terapisti del dolore, fisiatri e ginecologi. La ricerca sta studiando sempre più attentamente il ruolo degli ormoni e dei modulatori selettivi dei recettori estrogenici come possibile supporto integrato nella gestione delle disfunzioni dell’ATM.
Nel caso dell’articolazione temporo-mandibolare, gli estrogeni rappresentano un “filo invisibile” che lega biologia articolare e percezione del dolore.
Riconoscere questi legami aiuta a non banalizzare i sintomi, a individuare soluzioni su misura e, soprattutto, a offrire una visione più completa e attenta verso coloro che soffrono di disturbi talvolta invalidanti.
Concludo questo articolo con un pensiero per tutte le donne che ho incontrato che incontro e incontrerò negli studi dove collaboro e non solo. Donne stanche, esauste e rassegnate. Donne che mi raccontano i giri infiniti fatti fra professionisti non preparati, che invece di sostenerle, comprenderle e aiutarle ad uscire dalla situazione le fanno sentire sbagliate sostenendo che è una questione psicosomatica, mentale, di stress o ansia.
A tutte voi dico che “Non è tutto nella vostra testa. Non siete sole. Non è un caso se i vostri sintomi variano con i cambiamenti ormonali. Esiste una base scientifica. Ascoltare il corpo è il primo passo verso il benessere.”
Riconoscerne l’impatto, prenderla sul serio e agire possono fare la differenza tra convivere con un peso o riprendere il controllo del proprio benessere.
Comunicate apertamente alla vostra igienista di fiducia il disagio che state vivendo, vi potrà sostenere e soprattutto indirizzare ad un odontoiatra preparato al quale dovrete raccontare non solo i sintomi che provate ma anche la vostra storia ormonale: ciclo, uso di contraccettivi, gravidanza, perimenopausa, menopausa, terapia ormonale sostitutiva…
Un professionista della salute orale competente ed esperto considererà attentamente l’assetto ormonale in fase di anamnesi e valutazione clinica dei disturbi dell’ATM e troverà per voi la risoluzione migliore!
Non dimenticate mai:
“Ogni sintomo ha una ragione e ogni storia merita ascolto.”
da esantarelli | Gen 9, 2025 | News
Avere i denti bianchi è un desiderio che pochi non hanno. Attraverso lo sbiancamento dentale professionale si possono ottenere eccellenti risultati. Permettetemi di fare chiarezza su questo argomento molto dibattuto e spesso oggetto di affermazioni non esatte.
Il colore dei denti è determinato dalla dentina, il tessuto appena sotto lo smalto dentale ed è una caratteristica che ereditiamo. Se siamo fortunati ereditiamo una dentina chiara altrimenti possiamo valutare di schiarirla attraverso lo sbiancamento dentale ma prima di spiegarvi le tecniche per ottenere il colore ideale vi racconto cosa sono le ‘discromie’.
Le discromie dentali si dividono in due gruppi: estrinseche ed intrinseche.
Le discromie estrinseche si formano sulla superficie esterna del dente. L’eziologia di queste è multifattoriale ma ciò che le determina è legato alle sostanze che entrano in contatto con la superficie stessa del dente. Appartengono a questa categoria le discromie causate da nicotina, tabacco, da particolari alimenti e bevande come caffè, tè, vino rosso ma anche da alcuni principi attivi contenuti in farmaci o integratori alimentari, inclusi alcuni presenti in dentifrici e collutori come la clorexidina (questo principio attivo è utilizzato in determinate situazioni cliniche, esempio in caso di infiammazione gengivale o estrazione dentale, sarà sempre un professionista a prescriverla e dare le indicazioni di utilizzo corrette onde evitare la comparsa di discromie).
Anche la placca dentale, il tartaro ed i batteri cromogeni sono causa di discromia estrinseca. Queste discromie si eliminano solo attraverso una seduta di igiene orale professionale. Non esistono prodotti in grado di eliminarle o sbiancarle.
Le discromie intrinseche invece sono all’interno dello smalto, nella superficie più profonda del dente. Queste si dividono in discromie intrinseche pre-eruttive e post-eruttive.
Quelle pre-eruttive si formano durante lo sviluppo dei tessuti che compongono il dente, il dente erompe nella cavità orale con la discromia. Le cause sono multifattoriali ed alcune non hanno ancora una causa precisa, altre sono determinate dall’assunzione di farmaci nel corso della gravidanza o nei primi anni di vita del bambino.
Alcuni esempi di queste discromie sono l’amelogenesi imperfetta, la dentinogenesi imperfetta, la fluorosi, l’iperbilirubinemia congenita, l’ipoplasia dello smalto.
Le discromie intrinseche post-eruttive si formano dopo che il dente erompe nella cavità orale. Possono avere varie cause: un trauma, una carie profonda, materiali utilizzati un tempo per le otturazioni (in particolare l’amalgama d’argento), le white spot causate da placca batterica ma anche, semplicemente, l’invecchiamento del dente caratterizzato da uno smalto più sottile che lascia intravedere la dentina sottostante.
Alcune di queste discromie sono risolvibili con la tecnica dello sbiancamento dentale, altre hanno la necessità di associare più tecniche.
I principi attivi ad oggi ritenuti in grado di penetrare nei tessuti del dente e schiarirlo sono il perossido di idrogeno ed il perossido di carbamide. Queste sostanze possono essere presenti anche in prodotti da banco come dentifrici, collutori, pennellini o strisce ma la legislazione vieta che la concentrazione sia superiore allo 0,1%.
In poche parole, non servono a nulla, la concentrazione è troppo bassa per permettere lo schiarimento della dentina. Percentuali superiori allo 0,1% possono essere utilizzate e vendute solo presso uno studio odontoiatrico.
Rispondo subito alla domanda che mi viene fatta sempre riguardo al trattamento sbiancante: rovina i denti? NO. Se vi è stato detto di si dà un professionista probabilmente non aveva approfondito l’argomento oppure non sapeva come fare lo sbiancamento dentale. Sono ormai numerosi gli studi che dimostrano che non vi sono danni legati allo sbiancamento dei denti.
Il suggerimento che vi do è quello di trovare professionisti preparati che utilizzano prodotti certificati con il giusto ph.
Esistono due sistemi di sbiancamento professionali: l’ambulatoriale e il domiciliare.
Lo sbiancamento ambulatoriale si fa presso lo studio odontoiatrico e si utilizzano concentrazioni elevate di perossido di idrogeno. Possono essere utilizzati sistemi acceleranti come lampade led o laser ma non sono necessari e soprattutto non determinano il risultato finale. L’organo mediatico promette attraverso questo sistema un risultato fino a 10 tonalità di schiarimento. Non è così. È pura illusione.
Lo sbiancamento domiciliare, come si intuisce si fa a casa. È sempre una tecnica professionale che prevede la realizzazione di mascherine fatte su misura nelle quali viene inserito il prodotto a base di perossido di carbamide. Generalmente vengono indossate durante la notte. In base al colore di partenza possono servire dalle 10 applicazioni in su.
Questa tecnica è la mia preferita, è quella che mi ha permesso in tutti questi anni di risolvere casi di discromie molto complesse.
Esiste un sistema chiamato di ‘sbiancamento’ molto popolare che viene fatto nella stessa seduta di igiene professionale. Generalmente viene applicato il prodotto per 10 minuti con l’ausilio di una lampada. Non vi è nulla di sbagliato nell’eseguirlo. L’importante è comprendere che non ha il potere di sbiancare i denti, può aumentare la luminosità per un breve periodo.
L’ipersensibilità dentinale è l’effetto più riscontrato durante il trattamento. La sensazione può essere quella di avvertire fitte localizzate ad alcuni denti o fastidio mangiando e bevendo cose troppo calde o fredde. Questo fenomeno è evitabile con dei protocolli pre-sbiancamento.
Con questo articolo ho voluto trasmettervi delle informazioni importanti per migliorare il vostro sorriso. Se questo è il vostro desiderio vi suggerisco di trovare un professionista preparato in questa materia, che possa esaminare attentamente le caratteristiche della discromia e se vi sono lesioni dello smalto.
Non esiste un protocollo standarizzato. Va studiato e cucito su misura in base alle caratteristiche singole di ogni paziente. Questo renderà possibile stabilire il protocollo più idoneo che include la preparazione con sistemi desensibilizzanti e/o remineralizzanti e se necessarie l’associazione di tecniche come la microabrasione o l’applicazione di resine infiltranti.